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«Perché mi chiamano sorella banca»

di Serena Danna

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25 Aprile 2010
Suor Giuliana Galli: «Perché mi chiamano sorella banca»

È stato Cesare Romiti il primo a far digerire a suor Giuliana Galli parole come liberismo e finanza. Il cavaliere del capitalismo italiano andava spesso al Cottolengo per farle visita. Passava le ore a discutere con quella donna decisa e mite che si muoveva tra i malati dell'ospedale torinese con la stessa determinazione con cui lui sbrigava pratiche in Fiat o Rcs.
Chissà se Romiti aveva intravisto un potenziale da banchiere nel capo dei volontari del Cottolengo. Dall'ospedale alla Compagnia di San Paolo, dove oggi suor Giuliana siede nel consiglio di amministrazione, la strada è stata lunga.

Nominata nel 2008 dal sindaco di Torino Sergio Chiamparino, la religiosa si occupa di investire nel sociale gli utili che arrivano dal gruppo Intesa Sanpaolo. «In passato l'Ufficio Pio, l'ente della compagnia che svolge da 600 anni un ruolo di "pronto soccorso sociale", si dedicava alle cosiddette povertà vergognose, le nobiltà decadute. Oggi lavoriamo con le nuove povertà: i precari, i cassaintegrati, i lavoratori che non hanno i soldi per pagare il mutuo», racconta Giuliana, occhi vispi e un braccio fasciato a causa di una brutta caduta. Disagio fastidioso per una 74enne che l'estate scorsa ha girato il Marocco in camper.
Ci vediamo sulle colline di Moncalieri, dove suor Giuliana abita insieme alla consorella Luigia in una casa con pochi mobili e le pareti bianche, di proprietà dell'ospedale. Lo studio è pieno di fotografie da tutto il mondo: Messico, India, Marocco. L'autrice è Francesca Vallarino Gancia, della famiglia produttrice di spumanti, la psicoterapeuta con cui "Giuli" - come la chiama Francesca mentre cucina la pasta per gli ospiti - ha fondato la Onlus Mamre, che si occupa di assistenza psicologica ai migranti.

Il centro ha aperto le porte al pubblico il 18 ottobre del 2001. I finanziamenti chiesti alle Fondazioni non erano ancora arrivati, ma «Francesca non ha voluto sentire ragioni: si apre il 18 e basta». Il motivo meriterebbe l'attenzione di un romanziere. Venti anni prima, il 18 ottobre del 1981, Francesca, ragazza inquieta appena tornata da una fuga londinese, conosce - per volontà della madre preoccupata - la «suora del Cottolengo». Quell'incontro è l'inizio di un percorso comune. Francesca, che decide di trasferirsi all'ospedale per vivere come «una ragazza di istituto», troverà in suor Giuliana una guida affettiva e spirituale, mentre la religiosa grazie alla ragazza si aprirà ai viaggi e a nuove sfide.

L'ultima si chiama Compagnia di San Paolo; il confronto con un mondo molto diverso da quello a cui era abituata tra malati e migranti. «Giovanni Bazoli l'ho incontrato solo una volta, per chiedergli un contributo per Mamre. All'inizio mi vergognavo, poi mi sono detta che per i padri della Chiesa l'elemosina è restituzione... Allora gli ho scritto e lui mi ha risposto con una lettera bellissima, accompagnata da due libri in cui commenta parabole del Vangelo».

Forse è stata l'America, paese che l'ha accolta dopo la laurea per un master in scienze del comportamento a Miami, a darle un imprinting pragmatico. «L'amore da solo non può cambiare il mondo, servono buona volontà e strumenti». Quale posto migliore della Commissione delle politiche sociali della Compagnia di San Paolo per trovarli? «Il potere esiste e non va condannato per principio. L'importante è che non si trasformi in dominio. Non c'entra essere buoni o cattivi... Ti affezioni al potere anche se è la misericordia a guidare le tue azioni». Apprezza molto le figure che in ambito bancario e industriale «non hanno paura di dire: seguiamo la Bibbia». Ma non si fa illusioni: «Ho difficoltà a immaginare un dirigente d'azienda mentre legge la parabola del giudizio universale in Confindustria».

La suora sa di essere entrata nel mondo dell'alta finanza in un momento delicato: «Le banche sono diventate il diavolo nero, è difficile convincere le persone della bontà di un progetto». Si tratti di governance duale o di mire leghiste, suor Giuliana non si esprime su Intesa Sanpaolo: «Sono attenta a capire chi entra in Compagnia e ascolto sempre con molta attenzione il presidente Angelo Benessia, ma mi concentro sul peso morale che possiamo esercitare sull'istituto, non a vicende di riassetto».

Non ha mai provato imbarazzo per il suo doppio ruolo, neanche quando i giornali, poco dopo la sua nomina, la chiamavano "sorella banca". La suora ai pregiudizi è abituata. All'inizio dell'avventura con i migranti di Mamre, lei e Francesca Vallarino Gancia erano spesso oggetto di critiche: il centro, oggi punto di riferimento per l'etnopsichiatria in Italia, veniva visto come «operazione filantropica dell'alta borghesia cattolica piemontese per convertire gli immigrati». Accuse dure da smaltire per una donna che lotta quotidianamente per la difesa delle diversità religiose e culturali.
Suor Giuliana è dura con i politici che seminano odio: «Quando sento dire da esponenti del governo, a proposito di sbarchi di clandestini, che l'Italia non è una discarica, provo vergogna di essere italiana».
  CONTINUA ...»

25 Aprile 2010
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